Σάββατο 24 Φεβρουαρίου 2018

Η ΑΜΦΙΚΤΙΟΝΙΑ ΑΚΑΡΝΑΝΩΝ στον ΙΤΑΛΙΚΟ ΤΥΠΟ, για το Ιταλικό τάγμα των Γαριβαλδινών που πολέμησε στο πλευρό των Ελλήνων!

        Αρκετές εφημερίδες και περιοδικά στην Ιταλία, φιλοξενούν άρθρα της Αμφικτιονίας Ακαρνάνων με αφορμή τις ιστορικές έρευνες που πραγματοποιεί για το ιταλικό τάγμα των Γαριβαλδινών που πολέμησε στο πλευρό των Ελλήνων, φορώντας την κόκκινη μπέρτα.
      Να σημειώσουμε ότι στη δική μας περιοχή σκοτώθηκε ο Φίλιππος Τρόϊα, ένας 26χρονος από την αιώνια πόλη, την Ρώμη. Το άψυχο σώμα του φιλοξενήθηκε για 15 χρόνια (1897-1912) στην ρίζα του πέτρινου γεφυριού στην παραλία Ζαβέρδας-Πωγωνιάς, στη θέση Ποταμάκι
        Το 1912  με τιμές  ήρωα, έγινε η εκταφή και τα ένδοξα οστά του, τυλιγμένα με την Ελληνική σημαία, μεταφέρθηκαν με πολεμικά σκάφη, στην Πάτρα, όπου εκεί με τιμές έγινε η επίσημη παράδοση από την Ελληνική κυβέρνηση στην επίσημη ιταλική αντιπροσωπία. 
Ας δούμε ένα δημοσίευμα στον Ιταλικό τύπο...

I GRUPPI  VOLONTARI DI GARIBALDINI
ALLA GUERRA TRA  GRECIA  E TURCHIA  NEL 1897

        Nel 1897, il governo greco è stato costretto da un’organizzazione greca chiamata “Società nazionale” a occuparsi della guerra contro i turchi con obiettivo la liberazione di Creta. Il colonnello garibaldino, Enrico Bertet,  arrivato in Grecia nel Marzo del 1897, discute con il ministro della guerra la metodologia dell’aiuto all’esercito greco rinforzandolo con dei volontari italiani. Il governo non dà risposte precise e Bertet aspetta inattivo. Nel frattempo, Almicare Cipriani, con un numero non indifferente di volontari italiani (garibaldini, socialisti, persone influenti nella successiva vita sociale e politica Europea) entra in Tessaglia e si scontra con le forze ottomane.........



    Il ministro della guerra informa Bertet che non dovrà entrare in guerra e che qualsiasi cosa succeda (probabili conflitti) sarà questione di pochi giorni. Bertet, prima della sua partenza dalla Grecia, rilascia un’intervista e rivela tutto ciò che il ministro della guerra gli aveva comunicato creando ovviamente un tumulto sulla scena politica. Questa sua gesto gli costerà caro per un conseguente atteggiamento ostile e per le azioni di chi è al potere degli affari politici ellenici. 
      L’azione della Turchia di attaccare la nave passeggera “Macedonia” appena salpata dal porto di Vonitsa con successivo attracco al porto di Preveza, dà la causa al governo, fortemente pressato, di considerarlo come il primo attaco della guerra fra Greci e Turchi. 
      La Turchia essendo preparata a questa guerra, aveva piazzato comandanti tedeschi in tutte le principali città turche adiacenti al confine greco. La mobilitazione avviata dalla Grecia non aveva avuto risultati positivi a causa  della scarsa presenza di soldati o di attrezzature militari inesistenti. Le prime battaglie mostravano il rapido esito della guerra a sfavore della Grecia. La reazione del governo, col cambio dei generali nei campi di battaglia, non dava risultati.
         Nello stesso tempo in Italia si allestivano tre centri di raccolta di volontari per l’aiuto alla giusta causa dei greci. Quella di Ricciotti Garibaldi (figlio di Giuseppe),  quella di Enrico Bertet e quella di Mereo. Il governo italiano pone seri ostacoli alla partenza delle navi con i volontari. Gli sforzi dei volontari per raggiungere la Grecia sono monumentali. L’ondata di volontari che arrivano in Grecia è grande e proviene da tutti i paesi europei. Il governo turco è costretto ad emettere un decreto che dichiara che chiunque cittadino turco si rechi in Grecia come volontario, non sarà  più in grado di rientrare in Turchia.
             Oltre gli uomini, una moltitudine di donne europee si unisce ai gruppi volontari rafforzando l’assistenza sanitaria.Una grande moltitudine e stata fatta dei giornalisti i quali soprafanno la Grecia. Nessuna guerra fino al questo momento non ha mai avuto cosi corrispondenza.Inoltre sono stati filmati circa 2 film in base della guerra.L’arrivo dei garibaldini ad Atene crea quell’entusiasmo di cui avevano bisogno i greci. Il clima cambia e tutti vogliono unirsi ai volontari. Tutto ciò rovescia la deliberata indifferenza della borghesia ateniese che vede i suoi figli creare la propria legione e partire per il fronte d’Epiro.
         La legione d’Epiro, che consisteva principalmente di volontari figli della borghesia ateniese, combatte in Epiro e si distingue per la presenza di un’adolescente, Eleni Kostadinidu, sopranominata dal corrispondente tedesco la “Jean d’Arc” d’Epiro. Membro dello stesso gruppo è anche Antonis Benakis (Treladonis = Pazzantonio).
          Intanto i volontari, con le loro lettere a genitori e amici, danno il loro aggiornamento sui fatti ribadendo il diritto alla libertà dei Popoli. La maggioranza dei volontari sono istruiti e parlano il greco antico. Per risolvere i loro problemi cercano disperatamente  di comunicare con i greci usando questa lingua dato che il governo non è in grado di sostenere le spese ne del soggiorno ne del sostentamento dei volontari. Il loro miglior sostenitore era il docente di Medicina, Kalisperis, che parlava fluentemente l’italiano. Sul fronte d’Epiro, nei primi giorni di guerra, accade un evento inaspettato, le truppe turche sono in costante diminuzione a causa del grande numero di soldati in fuga. Finora non è stata verificata la ragione delle diserzioni dei soldati. 
         Mentre la Turchia cerca di sostituire e rafforzare  il suo esercito con altri soldati provenienti dall’ interno dell’Asia, le forze elleniche arrivano alle porte di Ioannina. A questo punto risalta chiaramente l’inerzia volontaria della leadership politica e militare (come in seguito sosteranno tutti i volontari) nell’aiutare quelle forze che per giorni combattevano decine di chilometri lontano dai vecchi confini.  Presto le munizioni si esauriscono e la farmacia non ha più medicinali. Nonostante gli eventi, nessuno era interessato a sostenere i combattenti che ora cercavano  di mantenere il territorio conquistato.
        Iniziò il ritiro e la situazione fu simile al movimento di Theodorakis Grivas quando nel 1852 raggiunse Ioannina rimanendo senza sostegno e rinforzi. A quel punto la legione di Mereo raggiunse Arta e partecipò alle battaglie svolte fuori città. Nel frattempo ad Atene si crea un conflitto tra Enrico Bertet e Ricciotti Garibaldi a causa  della volontà del secondo di unire tutte le legioni alla sua e il primo a sfidare tale pretesa derivata solo dal suo diritto ereditario. 
         Bertet aveva chiesto di sbarcare sulle sponde d’Epiro di fronte a Corfù e cominciare l’attacco da là creando così tumulto nella parte posteriore del fronte. Infine hanno mandato Bertet sul  fronte d’Epiro in sostituzione di Mereo che sarebbe tornato ad Atene per poi indirizzarsi verso il fronte di Tessaglia. Quando Bertet arriva a Vonitsa per il pernottamento (il giorno dopo dovrebbe raggiungere Arta via Menidi), ottiene un piccolo assaggio “dell’amore” coltivato  dagli amministratori degli affari politici ellenici. La sera stessa subisce un gran disagio, secondo le descrizioni di Plata.  Quando arriva ad Arta, l’alloggio e l’alimentazione è fuori da ogni immaginazione. I sostenitori di Bertet in Italia contribuiscono per poter spedire via mare degli alimenti alla legione di Bertet. Ma quando la nave con gli alimenti arriva al Pireo, la dogana impedisce la spedizione al fronte d’Epiro se non vengono prima pagate le tasse d’importazione. 
      Dopo giorni, quando il docente Kalisperis viene al corrente della situazione, fa una raccolta fondi nel Pireo e accumula la somma necessaria per le tasse.  
          Nello stesso tempo Arta viene bombardata dall’artiglieria turca posizionata ad Himaret. Una piccola squadra di Greci ha cercato di allontanare l’artiglieria turca da questa posizione, così vicina ad Arta, ingaggiando uno scontro. La battaglia veniva rinforzata da entrambe le parti portandosi gradualmente nella gola sotto Gribovo.  La battaglia si fermava per alcune ore durante la notte ed entrambe le parti si rinforzavano mentre  il tempo era diventato così brutto come non si vedeva da anni da queste parti. Il giorno seguente, i rinforzi della parte ellenica erano massicci e principalmente senza  ordini-istruzioni.   I soldati agivano da soli. Alla legione di Bertet si ordinò inizialmente di correre in aiuto, ma durante il tragitto verso Gribovo il colonnello militare greco cambia l’ordine e gli chiede di tornare ad Arta. Qualchi soldieri,fra questi anche Filippo Troya, della squadra di Bertet ignorando l’ordine, avanzano sulla collina di Gribovo e combattono. Alla fine della giornata, le pallottole degli avversari, il peggior tempo degli ultimi anni e le pallottole provenienti dal retro (dalla parte di Arta)  hanno portato il numero dei morti oltre gli ottocento. Nonostante le perdite, le posizioni erano fortemente mantenute. La sera viene dato l’ordine di ritiro senza nessuna giustificazione. 
          Nel frattempo il ministro Rallis, viene convocato dalle grandi potenze e rimproverato per l’attacco a Gribovo. Un anno dopo, Rallis, durante la sua campagna elettorale nella zona di Vonitsa,  rispondendo ai cittadini sul ritiro, dichiarò che lui aveva raccomandato fin dall’inizio di non entrare in conflitto militare. Nei giorni seguenti ad Arta, la paura dell’invasione turca era grande. Soltanto sentendo un falso annuncio ‘arrivano i Turchi’ fuggivano verso l’est della città per rientrare poco dopo. Solo una parte dell’ esercito e i garibaldini hanno mantenuto le loro posizioni.
            Ormai la guerra si trasferisce in Tessaglia. Là, i conflitti durano giorni e le vittime sono tante, tra cui anche garibaldini. Cipriani viene ferito fin dal primo giorno, ma rimane non solo fino alla fine della battaglia, ma anche dopo costretto a fuggire all’interno della Tessaglia. Ricciotti Garibaldi, con la sua legione, ‘mantiene le Termopili’. La morte di Fratti sigilla col suo nome il sacrificio dei garibaldini.  
            Ricciotti risente più di tutti la sua perdita e i giorni seguenti, informato della profanazione che c’era stata alla  tomba di fortuna di Fratti, chiede di tornare sul luogo di sepoltura. Infine interviene con la parte turca per garantire il rispetto al corpo inanimato di Fratti. 
        Gli eroi di guerra, Ricciotti Garibaldi, Mereo, Amicare Cipriani e Ernesto Bertet, i volontari italiani che hanno lasciato la loro patria e le loro famiglie per venire in Grecia a difendere il diritto alla libertà dei popoli, dopo la capitolazione furono trattati dal governo come nemici. La legione di Bertet parte con il riconoscimento e l’apprezzamento  della popolazione di Arta,. Pernottano a Menidi, dove durante la notte i gendarmi sequestrano tutte le loro armi, persino le spade degli ufficiali. Armi che in maggioranza erano portate dall’Italia. 
           La mattina dopo, la legione di Bertet, viene informata che una nave li aspetterà a Zaverda per trasferirli ad Atene. La maggior parte dei legionari non ci hanno creduto e si sono partiti per Atene con ogni mezzo. Bertet, con sessanta dei suoi legionari, si dirige a Zaverda e appena arriva la nave salgono a bordo di piccole imbarcazioni per raggiungere la nave ancorata al largo. 
            Dalle barche provenienti dalla nave, vengono a sapere che la nave non è diretta ad Atene, ma in Italia. I legionari si ribellano dato che tanti erano disertori dell’ esercito italiano. Dalla terra ferma qualcuno gli spara per impedire il loro ritorno a terra. Vengono feriti otto legionari tra cui due gravemente. I garibaldini arrivano sulla terra ferma nonostante gli spari e si prendono cura dei loro feriti. La polizia  ordina all’ unico negozio di alimentari e al fornaio di chiudere in maniera che i garibaldini non possano trovare alimenti. La sera, i legionari aprono il forno e mentre stanno impastando il pane, vengono attaccati dalla polizia, ritrovandosi con feriti e un morto. Inizialmente i giornali scrivono degli attacchi contro i garibaldini durante il loro tragitto verso la nave, ma successivamente c’è una direttiva dall’ alto e riportano di scontri tra garibaldini e gli abitanti del villaggio. 
            Un’affermazione che non può essere veritiera dato che i garibaldini non avevano armi (erano stati disarmati a Menidi); ma anche se le avessero avute, con la loro esperienza ci sarebbero dovuti essere dei morti tra gli abitanti del villaggio e i gendarmi. Inoltre, per la morte di Troia sono state accusate cinque persone, accuse che non sono state ne esaminate ne processate  dal procuratore di Lefkada (originariamente chiamato) ma dal ministero militare del governo dove è stato inviato il dossier e che non sappiamo che fine abbia fatto.
          Torniamo ai fatti dopo la battaglia al fronte di Domokos. I garibaldini si imbarcano su due navi, ‘Urania’ e ‘Pireo’. Sono scortate da una nave militare. In pratica, come risulta dagli eventi successivi, non era una nave di scorta, ma una nave con l’obiettivo di sopprimere ogni ribellione dei garibaldini ed eventuale occupazione delle navi ‘Urania’ e ‘Pireo’. A Chalcide, con un pretesto, scende il parlamentare Fratelli con alcuni altri passeggeri per poi non risalire a bordo. Quando le navi arrivano al Pireo, si vieta lo sbarco dei passeggeri eccetto Ricciotti. Ricciotti, per evitare la rivolta dei legionari, invita l’apprezzato a tutti Kalisperis a salire e rimanere sulla nave. Ricciotti si dirige a casa del primo ministro, il quale non lo riceve finchè non finisce di prendere il suo tè. Propone la premiazione di Ricciotti e la partenza immediata  per il rientro in Italia dopo il rifornimento. Ricciotti rifiuta e continua la trattativa.
         Non riuscirà a salvare una delle navi, con i garibaldini greci, che viene indirizzata a Poros; non conosciamo che fine abbiano fatto i legionari a bordo di questa nave. Ricciotti partecipa al ricevimento delle donne nobili greche e accetta, da loro soltanto, l’onore a lui riservato. Ritorna sulla nave e parte per l’Italia. Al rifornimento di Corfù i legionari chiedono di scendere a terra e protestano per la  mancanza di alimenti. La cannoniera che scorta ‘Urania’, la nave dei garibaldini, minaccia di affondare la nave se ci saranno sbarchi. I legionari si tuffano in acqua e arrivano a terra a nuoto. Ricciotti protesta col comandante della cannoniera per ricevere semplicemente la risposta : ‘ti succederà quel che è successo a Bertet a Zaverda’. 
          Quindici anni dopo, nella baia di Zaverda, ormeggiano navi da guerra con a bordo un comitato del Comune di Roma venuto per ritirare con onore d’eroe le spoglie di Filippo Troia.  Abbiamo registrato tutti gli eventi, i discorsi e le presenze. Di tutto ciò, solo una scena sigilla la storia. Le donne di Zaverda prendono una per una le ossa del martire di Zaverda; le lavano col vino e le pongono sulla bandiera greca. Prima di essere avvolte con la bandiera, Biaggio, il fratello di Filippo Troia, si avvicina e con le lacrime agli occhi, bacia le spoglie e pone sopra la foto della loro madre. 
          Si, questo giovane di cui sono rimaste solo le spoglie, un giovane della città eterna, che non ha mostrato paura degli eventi del 1° Maggio 1891 in piazza Santa Croce in Gerusaleme di Roma, che non ha sentito il dolore delle torture durante i tanti mesi di prigionia a Perugia, che non ha perso il coraggio di fronte a situazioni dure e difficili, che non si è ritirato dalla battaglia di Gribovo, quel combattente per la libertà dei popoli, all’ultimo momento della sua vita, solo una persona ha cercato e chiamato con le ultime forze rimaste: ‘Mamma, mamma’. Madre, vieni ad aiutare Troia! Madre!
           La guerra del 1897 ha dimostrato che i progetti dei governi sono stati ribaltati da una partecipazione senza precedenza e l’impegno dei volontari europei. Tutti i governi europei sostenevano la Turchia, mentre i popoli europei sostenevano il diritto dei greci alla libertà. Una guerra bilaterale è diventata europea con la partecipazione di volontari di così tanti paesi.  Ogni europeo che aveva un figlio, un parente a combattere in Grecia, sentiva che la guerra era anche sua. Le lettere dei garibaldini inondarono i giornali europei, mostrando una realtà diversa da quella che ogni governo voleva presentare. 
           La terra di Aktion ha ospitato il corpo senza vita di Filippo Troia, del giovane ventiseienne della città eterna, colui che viaggiò così lontano per combattere e difendere il diritto alla libertà dei popoli. 
           La stessa terra ha ospitato il patriarca dei Romani, Enea, quando perseguitato da orde di Achei arrivò alla terra dell’unica popolazione che non aveva partecipato alla guerra di Troia (ne al fianco degli Achei, ne dei Troiani). Gli Acarnani hanno protetto Enea e i suoi compagni. Per la prima volta dopo la caduta di Troia, i Troiani fecero sacrifici agli Dei e ringraziando per l’inaspettata protezione eseguirono le prime Gare Iliadi. Dopodichè,  Enea si avvale durante il suo tragitto verso l’Italia di un corpo di scorta Acarnano . 
            Questa terra deve essere dedicata all’ideale della libertà dei popoli, di cui sono stati ambasciatori i volontari arrivati in Grecia. Pochi mesi dopo la riesumazione di Filippo Troia e il trasferimento al Verano di Roma, la Grecia viene di nuovo coinvolta in una guerra con la Turchia.
       A Ottobre del 1912, Ricciotti Garibaldi, con suo figlio Peppino e un gran numero di volontari Italiani arriva in Grecia e combatte sui monti d’Epiro lasciando sul campo tanti dei suoi uomini tra cui il poeta Lorenzo Mavili. 
         Tre volte nella loro storia i garibaldini hanno marciato  per trovarsi al fianco della Grecia per difendere il diritto alla libertà dei popoli.

Lunga vita all’amicizia  italo-ellenica!
Lunga vita alla libertà dei popoli!

Amfiktionia Akarnanon
Associazione di ricerca di storia e di coltura
Febbraio 2018





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Τι λες γι αυτό αγαπητό Ξηρόμερο